I dati dei sensori di StratoSpera 2
Francesco Sacchi, a cui cediamo la parola di seguito, presenta e commenta i dati registrati dai sensori di bordo di StratoSpera 2, il pallone stratosferico che abbiamo lanciato il 14 maggio 2011.
La scheda di bordo con BeRTOS registrava diversi parametri:
- Ora UTC
- Posizione GPS
- Altitudine
- 3 Temperature: esterna, campioni biologici di Luigi Caliendo e interna
- Pressione
- Umidità
- Accelerazione sui 3 assi
- Misure dal contatore Geiger HADARP
- Parametri tecnici della scheda (tensioni varie e corrente assorbita)
I dati sono stati registrati senza problemi una volta ogni 3 secondi, e c’è un flusso continuo per tutta la durata delle missione e anche per il tempo successivo, fino a quando il payload non è stato ritrovato e spento. Il file OpenOffice Calc con dati e grafici è allegato. Ho aggiunto in testa alle colonne una stima conservativa dell’errore assoluto massimo per ogni serie di misure.
Dati dei sensori di bordo di StratoSpera 2
Altitudine
L’altitudine veniva fornita dal GPS di bordo, non ci sono particolarità significative da segnalare. Si vede che durante l’ascesa, all’inizio, la velocità di salita è prima calata per poi risalire. Il valore medio del rateo di ascesa è di 4.32 m/s, mentre noi ci aspettavamo circa 5 m/s.
Come sapete questo è il motivo per cui il pallone ha derivato troppo verso est causando il taglio per superamento della massima distanza. La massima quota registrata dal GPS è di 20.123 m, raggiunta circa 1 ora e 20 minuti dopo il lancio.
Durante la discesa, nei primi momenti, il payload ha toccato una velocità di discesa di punta di più di 80 km/h, per finire ad atterrare con un rateo di circa 7-8 m/s. Anche la velocità di discesa è stata diversa da quella prevista, nel nostro caso avevamo ipotizzato circa 4 m/s. Fortunatamente questo ha fatto sì che il pallone derivasse meno verso est rispetto al previsto.
Pressione
A differenza della prima missione di StratoSpera, stavolta avevamo inserito sulla scheda di bordo un sensore con fondoscala minimo a 0 mBar/hPa.
La misura di pressione, in particolare la sua variazione, veniva usata dal software di bordo per rilevare il momento del decollo e far partire tutti i timer missione e i sistemi di cutoff. Avevamo quindi prestato molta cura nella parte di circuito dedito all’acquisizione della pressione e nella scelta del sensore stesso. La scelta è poi ricaduta su un sensore prodotto da Freescale, l’MPX2100AP.
Le misure di pressione sono perfettamente in linea con quello che ci aspettavamo, la variazione è pressoché esponenziale inversa con l’altitudine.
La pressione minima rilevata è stata di 43 mBar, intorno i 20.000 m di quota. Se il pallone fosse salito più in alto avremmo potuto testare il fondoscala inferiore del sensore, ma sarà per la prossima missione 🙂
Da notare, nella parte finale del grafico, la presenza di due “gradini” abbastanza marcati. Escludendo che ci sia stato un salto nella pressione atmosferica (dato che in quei momenti il payload era già fermo a terra), stiamo ancora indagando, ma supponiamo che quei salti siano causati da interferenze con il tracker GPS usato per il recupero.
Il tracker è un componente tipo questo. Rileva la posizione GPS e invia periodicamente SMS.
È anche possibile chiamare il numero di telefono del tracker e ascoltare quello che succede nelle vicinanze. Nel nostro caso supponiamo che i due momenti in cui le misure di pressione hanno subito uno scalino coincidano con due chiamate che abbiamo fatto al tracker per ascoltare quello che succedeva nelle vicinanze del payload.
Il tracker alla fine è un vero e proprio telefono GSM ed è quindi capace di generare interferenze paragonabili a quelle che avvertiamo quando un telefono cellulare squilla in prossimità delle casse di un PC. Per la prossima volta cercheremo di schermare adeguatamente la scheda 🙂
Temperature
Nel volo STSp-2 di StratoSpera avevamo 3 sensori di temperatura: uno interno, uno esterno (T1) e un altro a stretto contatto con le provette degli esperimenti biologici di Luigi Caliendo (T2).
Come previsto la temperatura è scesa fino a stabilizzarsi una volta raggiunta la stratosfera a circa -50° C. Il punto minimo toccato è stato di circa -52° C a 13.000 metri di quota (più o meno nella tropopausa). In stratosfera poi le temperature sono leggermente risalite e ridiscese a tratti, ma sono sempre rimaste, come previsto, nell’intorno di -50° C. Non sono un meteorologo, ma suppongo che queste variazioni siano dovute a correnti e strati diversi, anche perché le variazioni in salita sono state poi ripercorse in senso contrario durante la discesa.
La temperatura dei campioni biologici (T2) si è invece stabilizzata nell’intorno di -25° C in salita, per poi scendere repentinamente e allinearsi con l’altra temperatura esterna. Come mai? Supponiamo che durante la salita, piuttosto lenta, i campioni, essendo alloggiati in una spugnetta, abbiano mantenuto un buon grado di isolamento con l’esterno, che però non è stato sufficiente durante la discesa, in cui a causa della velocità l’aria fredda è penetrata all’interno.
Stessa sorte è toccata alla temperatura interna del payload. Stavolta, durante la discesa, la temperatura interna è scesa fino a +2° C (nell’altro lancio non era scesa sotto +15° C). Questo è dovuto al fatto che a differenza dell’altra missione la scatola di polistirolo aveva una apertura bella grande per permettere un montaggio più agevole. Lezione imparata: perché l’elettronica rimanga al caldo è necessario che non ci siano spifferi!
Umidità relativa
Le misure di umidità sono abbastanza curiose. La percentuale di vapore nell’aria è infatti prima salita per poi scendere e salire a tratti. Una volta superata la tropopausa (~12.500 m) l’aria è molto rarefatta e quindi anche l’umidità si è abbassata notevolmente. Lo stesso percorso saliscendi viene eseguito a rovescio e più velocemente durante la discesa, segno che abbiamo attraversato nuovamente gli stessi strati d’aria della salita.
Accelerazione
A bordo della scheda BSM-2 era presente un sensore di accelerazione triassiale, Freescale MMA8453Q. È un sensore che tipicamente nasce per essere usato nei telefoni cellulare e in applicazioni simili.
Era impostato per avere un fondoscala massimo di +-8 g, era sensibile anche ad accelerazioni costanti (come la gravità) e i tre assi erano orientati in modo da avere l’asse Z parallelo e di verso concorde all’accelerazione di gravità. Se cioè leggiamo X=0, Y=0, Z=9.81, significa che il payload era in piano, orientato verso l’alto.
Per la prima parte del volo, si nota un contributo positivo di circa 9-10 m/s2 sull’asse Z: tutto normale, è l’accelerazione di gravità. Contemporaneamente, c’è una piccola componente negativa sull’asse Y. Questo perché il payload era leggermente inclinato rispetto all’orizzonte (circa 23°) in modo da consentire alla fotocamera di riprendere più terra e meno cielo 🙂
Si nota comunque che le misure in generale sono molto disturbate, segno che il volo era abbastanza “movimentato”; direi che questo è confermato dalle immagini 🙂
Ad un certo punto, si nota uno stacco netto nelle misure: è il momento del taglio del cavo. Le misure si fanno ancora più frastagliate su ognugno dei 3 assi, ad indicare che ovviamente il rientro è stato ancora più agitato della salita.
Dopo l’atterraggio tutto si calma, si capisce anche che il payload è atterrato in verticale, solo leggermente inclinato su un lato.
Tensioni e corrente
Finisco questa carrellata con una cosa leggermente più specifica del settore elettronico ma ugualmente interessante.
Sullo stesso grafico ho riportato le 3 tensioni di alimentazione presenti sulla scheda (batteria a 6 V, +5 V e +3.3 V stabilizzati, scala su asse di sinistra) e la corrente assorbita dalle batterie (scala su asse di destra).
Le tensioni di 5 V e 3.3 V stabilizzate sono, per l’appunto, stabili.
La tensione delle batterie ha più o meno un andamento che ricalca la temperatura interna: le batterie sono infatti meno efficienti a bassa temperatura.
Ma la cosa che salta subito agli occhi sono i picchi di corrente (che corrispondono anche ad abbassamenti di tensione sulle batterie) più o meno a metà grafico.
Quei momenti, coincidono con le misure non corrette rilevate dal contatore HADARP. L’ipotesi più probabile è che per cause ignote, in un punto del circuito di HADARP, si sia verificato un arco voltaico tra l’alta tensione necessaria per polarizzare il tubo Geiger e la massa. Abbiamo anche trovato dei segni di scariche elettriche sul circuito di HADARP. Il motivo di queste scariche è ancora sotto indagine, nel frattempo, possiamo confermare che gli archi elettrici facevano assorbire ad HADARP una corrente più o meno doppia rispetto alla nominale prevista.
Ultima nota curiosa: nella misura della corrente (linea verde) si notano anche dei picchi ciclici: ciò è dovuto semplicemente ai LED presenti sulla scheda e sul pannello esterno che lampeggiavano 🙂
— Francesco Sacchi
Questa dei dati è una delle parti che amo di più. E forse è il motivo principale, se non uno dei centrali per cui si fanno questi esperimenti.
Amo molto il fatto che chi pubblica i dati sia capace di rendere leggibile le informazioni, anche dal contenuto statistico, matematico o chimico biologico… a tutti e non solo agli addetti. Questo è molto importante. Questo va fatto però senza banalizzare nè falsare il vero significato altrimenti si sarebbe punto a capo, si starebbe spiegando qualcosa senza che questa cosa sia effettivamente tale come viene raccontata, si finirebbe con il parlare e il leggere di niente. A volte gli argomenti sono talmente complessi che forse è difficile non banalizzare.
Spero che continuerete così è fantastico poter “attingere” a certe informazioni che un umano, ad oggi, difficilmente può conoscere visto che le esperienze esplorative di questo tipo non sono ancora all’ordine del giorno, e sono ancora considerate estreme o appannaggio di pochi studiosi “fortunati” …
Trovo i dati affascinanti. Grazie a presto.
m.